“Una vita davanti” III parte

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Tutto assieme però, si risente la musica di prima, che con solennità e pathos annuncia l’arrivo di una nuova scena, per cui il giovane, inspiegabilmente preso dal terrore per quel suono, si rifugia nuovamente nel suo nascondiglio sulla sedia dietro allo specchio. Entrano ancora il giovane che gli assomiglia, con un abito diverso, e una ragazza molto carina.

Si sente urlare da dietro alla scena:  “Sibilla, ma cosa ci fai qui, anche tu?”

Nessuno gli risponde.

I due nuovi venuti prendono posizione al centro della scena, e si scambiano tenere effusioni.

Ennio:  Ciao ciccia, come sono contento di stare con te.

Sibilla:  Anch’io amore.  Ti amo così tanto. E tu?

Ennio:  Ma certo! Io ti amo più di ogni altra cosa al mondo.  Voglio dirti una cosa, anima mia, ma ho quasi paura.

Sibilla:  Ennio, ma perché? Non devi avere paura, io farei qualunque cosa per te!

Ennio:  Sì, lo so, anch’io. (sorride, quasi per darsi coraggio)  Allora, mi ero preparato un discorso, ma ho dimenticato tutto, e quindi sarò molto diretto.

Sibilla (un po’ preoccupata): Certo, ma dimmi pure, non mi tenere sulle spine.

Ennio: Senti, ho pensato che ormai i tempi sono maturi,  il nostro fidanzamento va avanti da anni.  (tira fuori dalla tasca della giacca un anello e lo porge a lei, inginocchiandosi)  Sibilla, unico e immenso amore mio, vuoi sposarmi?

Sibilla:  Oh…..O mio Dio, che bello! Ma dici sul serio? Non è uno scherzo, vero? Tu scherzi sempre! Stavolta però non potrei sopportarlo!

Ennio:   Ti giuro che sono serio, non sono mai stato più serio e convinto di qualcosa nella mia vita.

Sibilla:  O amore mio, certo che voglio! Lo voglio, lo voglio!

Si baciano appassionatamente e si abbracciano con trasporto per alcuni minuti; ogni tanto si mormorano piano tenere parole d’amore.

Ennio: Ma allora, dimmi: anche tu mi ami quanto ti amo io?

Sibilla: Ma amore! Io ti amo tantissimo, ti penso e ti sogno quando non ci sei, sei dentro ogni mio respiro e in ogni cosa che faccio.

Ennio: Tesoro, non sai quanto sono felice. Non ero sicuro della tua risposta. Onestamente temevo che ritenessi la proposta un poco prematura.

Sibilla: No, in fondo ho sempre saputo che ci saremmo messi insieme definitivamente, è giusto così.

Ennio: Bene, bene. Ma che bello, ma quanto ti voglio bene? Mi hai reso la persona più felice della Terra!

Sibilla: Sei tu che mi hai reso felice per sempre!

Ennio: Lo sai che per me sei la mia Sibilla dagli occhi turchesi, dea e musa che illumini il mio percorso.

Sibilla: Il solito poeta, grazie…

Lei sorride felice e lo bacia ancora.

Alla fine lui resta in estasi a guardarla incantato, incapace di profferire altre parole, mentre lei, staccandosi momentaneamente, chiude la scena con una dichiarazione enigmatica, rivolta al pubblico più che a lui.

Sibilla:   L’ho sempre saputo che ci saremmo sposati. Io sono nata per essere sua moglie, lui forse non se ne rendeva conto, ma le cose sono andate proprio così, sin dal nostro primo incontro per caso in spiaggia: venivamo dalla stessa città, e non ci eravamo mai incontrati, non ci conoscevamo, eppure ci siamo trovati – per caso?  (e sorride)  –  in villeggiatura entrambi nello stesso posto, e da lì le cose sono andate come era naturale che andassero. Era già tutto scritto, anche se lui non lo sapeva…

Escono tenendosi per mano, lei salta felice di gioia quasi danzando e canticchiando una canzoncina.

Rientra il protagonista, sempre più attonito, guardandosi attorno spaurito.

Ennio:   Ma cosa vuol dire ora, questo? Cosa vuol dire, rispondetemi!  (Urla a squarciagola, fuori di sé)  Vi state prendendo gioco di me?  Ora basta, voglio uscire!

Fa per andarsene, ma si perde nel labirinto di specchi, senza riuscire a trovare la via di uscita. Ritorna allora indietro, al centro del palcoscenico.

Ennio:  Eppure qualcosa vorrà dire. E’ come se volessero indicarmi quello che farò, e costringermi a seguire una linea ben precisa nella mia vita futura.

Ma in questo caso, che bisogno c’era?  Io amo già Sibilla, e prima o poi sicuramente le avrei chiesto comunque di sposarmi, per ora non ne abbiamo parlato perché siamo ancora troppo giovani. Ma è evidente che per entrambi sarà il naturale approdo del nostro fidanzamento.

E allora? Cui prodest? Perché mostrarmi questa scenetta stucchevole? E di nuovo, chi è quel bellimbusto che mi rassomiglia così tanto? E la ragazza? Possibile abbiano trovato due comparse tanto simili a noi? No, no, deve esserci un’altra spiegazione…Sì, bravo, ma quale?

Si piega in due e resta per un po’ con la testa tra le mani, incapace di darsi una spiegazione su quanto gli sta accadendo in modo tanto inopinato.

Ennio:  Se questo è quello che mi aspetta nella vita privata, non mi posso lamentare, dovrei pertanto sposarmi con Sibilla, che mi ama, e di cui io sono a mia volta innamorato…Già, quindi in questo caso, a differenza del lavoro, la previsione che viene fatta è a me favorevole, e confacente ai miei desideri.

Riacquista temporaneamente un tono allegro, il viso gli si rischiara, e tutti i suoi gesti ora sono rilassati ed esprimono soddisfazione; questo sollievo però è di breve durata, ritorna dopo poco ad interrogarsi.

Ennio:  Certo, è tutto bellissimo. Ma è quello che voglio veramente?  Io amo Sibilla e voglio sposarla, o sarò costretto a sposarla perché qualcuno me lo impone? Ma qualcuno chi?  Forse chi ha organizzato questa sceneggiata? Era destinata a me sin dalla nascita come ha detto lei? O è stata lei a tramare per conoscermi e farmi innamorare di lei? Ma se lei stessa ha detto che è stato un caso fortunato il nostro incontro.  Ma che diavolo, chi ha deciso così della mia vita?

Ora non sa darsi pace, va avanti e indietro per il palcoscenico come un leone in gabbia, parlando da solo in modo sconclusionato, senza che si capisca chiaramente cosa dice. Finalmente si ferma a riflettere nuovamente.

Ennio:  Lo riconosco, quel che ho appena visto mi ha turbato profondamente. Oltre a non capire perché sono qui e cosa sta succedendo, mi viene il dubbio che non sia uno scherzo, ma il tentativo vero di condizionare il mio futuro.

Se nel caso del lavoro mi pare una forzatura assurda, però la convivenza con Sibilla mi sembrava naturale fino a pochi minuti fa, mentre ora non so più che cosa voglio.

Io la amo veramente, o semplicemente mi è stata assegnata da qualcuno o qualcosa per condividere l’esistenza con me?  Ma se così fosse, il mio sentimento non sarebbe neanche sincero, è semplicemente indotto dalle situazioni, dal caso, da non so che cosa. Io credo di amarla, e invece in verità mi sono solo adattato al volere di un essere superiore, che decide per me? Ma chi?

Resta alcuni istanti pensieroso, guardandosi attorno e poi in alto, quasi a invocare un suggerimento dal cielo, ma non succede nulla; subito dopo ricomincia quella musica inquietante, e quindi, rassegnato, torna al suo solito punto di osservazione.

Entrano un uomo maturo e distinto, vestito con un camice medico, e il padre del giovane. Il padre appare però sofferente, vestito in modo meno elegante rispetto al solito, e con un atteggiamento dimesso e preoccupato.

I due si siedono ai lati di una scrivania, in quello che potrebbe essere uno studio di un professionista.

Medico (rischiarandosi la voce, con fare professionale, ma senza guardare in faccia il paziente, quasi abbia pudore per quello che sta per dirgli):  Allora, come le accennavo, sono arrivati gli esiti degli esami che le ho prescritto.

Padre (nella sua voce e nella sua postura si notano ansia): Sì, certo professore. Sono venuto qui per questo. Mi dica, com’è la situazione? A cosa sono da attribuire questi dolori continui?

Medico:  Ecco, la situazione non si può purtroppo definire buona. I dolori che lei percepisce sono causati da alcune metastasi che si sono diffuse nelle ossa, partendo dal tumore alla prostata che l’ha afflitta.

Padre (spaventato) :  Metastasi? Ma come professore, lei mi aveva assicurato che con l’intervento il tumore era stato scongiurato, non si trattava di niente di particolarmente grave, e l’operazione era riuscita perfettamente!

Medico:  Sì, ed è vero. Sfortunatamente però in questi casi il rischio di recidive c’è, e il tumore si è propagato velocemente ad alcune zone limitrofe. Non bisogna però farsi prendere dal panico, abbiamo delle armi per combattere queste metastasi.

Padre:  Io speravo che il problema fosse stato risolto con l’operazione, e invece ora ricominceremo con le terapie…Ma me lo dica sinceramente, professore, quante probabilità ho di cavarmela? Sono a rischio della vita?

Medico:  Uhm, uhm….E’ molto difficile rispondere a questa domanda, dipende da un’infinità di fattori. Il quadro clinico è certamente serio, ma non disperato. Proprio per questo dobbiamo intervenire tempestivamente, con una cura chemioterapica adeguata.

Padre:  Chemioterapia?  Già, se non c’è altro da fare… La mia vita allora è destinata a cambiare, a questo punto…Ma mi dica, mi dia un poco di speranza, quante possibilità di guarire posso avere?

Medico (in difficoltà)  :  Ecco, vede, come le dicevo prima, è estremamente complicato fare previsioni in questi casi…

Padre (ora improvvisamente innervosito):  Suvvia dottore, la mia è una domanda semplice. Voglio solo sapere se ho possibilità di remissione del male, insomma se il ciclo di chemioterapia che lei vuole prescrivermi servirà a qualcosa!  Credo di avere il diritto di sapere almeno questo!

Medico (abbassando lo sguardo e la voce):  Purtroppo non sono in grado di darle molte garanzie in tal senso. La scienza in questo campo negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, e quindi possiamo tutelare un tenore di vita accettabile per un certo periodo. Ma non possiamo ancora assicurare la guarigione…

Padre (come se non avesse capito) :  Ah, bene, bene, è quello che volevo sentire… Una vita decente…Ma non la guarigione…Ma che significa? Che morirò di questa malattia infame?  Beh, ovviamente morirò, prima o poi tutti muoiono: io ho sessantatré anni, non sono più un ragazzino, ma neanche un vecchio, sono ancora in forma fisica, a parte questi dolori lancinanti…Per cui ho ancora degli anni buoni davanti…Voglio vedere mio figlio sistemato con un buon lavoro, il suo matrimonio, e almeno conoscere il mio primo nipotino…

I due restano in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri per alcuni istanti, poi il padre riprende la parola.

Padre: Ma perché, mi dica, perché? Io mi sono sempre riguardato, ho condotto una vita morigerata, e goduto costantemente di buona salute sinora.

Medico: Cosa posso dirle? Come lei sa c’è una dose di imponderabilità nella vita umana, alcune cose non le possiamo controllare, ognuno ha un suo destino…

Padre:  Già, il destino. Io in fondo lo sapevo da anni, ma ho cercato di dimenticarmene, del mio cosiddetto destino… (fa una lunga pausa)

Insomma, ho capito.  Sono spacciato.  Dottore, la prego: mi risponda soltanto ad una domanda ancora. 

Medico: Va bene, mi dica.

Padre:  Quanto mi resta?

Medico:  Le ripeto che è molto difficile, io posso solo fare previsioni, non particolarmente attendibili, sulla base delle esperienze di pazienti con problemi simili, e considerando l’estendersi del tumore…

Padre (urlando):  E allora le faccia, maledizione! Io devo sapere!

Medico:  Ecco, diciamo che, considerando la sua situazione attuale…

Si può ragionevolmente pensare ad un 2-3 anni almeno, se trattato subito con le terapie adeguate, salvo imprevisti e complicazioni. Ma può essere benissimo che invece la malattia abbia un decorso anche più lento, e il tempo in quel caso si allungherebbe. E nel frattempo potremmo provare delle cure sperimentali.

Padre:  2-3 anni, salvo complicazioni…Va bene, ho capito, la ringrazio. Quella che mi ha appena comunicato è una condanna a morte. Lo so, me la dovevo aspettare, ma è sempre troppo presto quando essa arriva…

Ed esce, singhiozzando a tratti, con il capo chino, improvvisamente ingobbito, con molta lentezza, seguito a distanza dal medico.

Rientra in scena il ragazzo, stranito e disperato.

Ennio:  Papà, papà!   Dove sei?   No, non è vero, non devi morire!  E’ tutta una messinscena per farmi impazzire!  Mio padre non ha niente, non gli può succedere niente.  Ora ho capito, questo è tutto un tranello, tramato da chissà chi, per farmi perdere il senno. Forse è una prova dell’Università per testare quanto uno è credulone, e quanto invece rifiuta di farsi manipolare.

Io non credo a una sola cosa di quanto ho visto sinora, e mi rifiuto di farmi condizionare da altri.

(poi riflettendo con più calma)

Certo, questa scena era terribilmente realistica, quello sembrava veramente   papà. Dio non voglia che debba avverarsi così presto una tale profezia, sarebbe l’equivalente di una condanna a morte!

Però una cosa posso farla in questo caso: gli farò fare un check-up completo, per verificare che non ci siano patologie in atto. Non si sa mai, meglio essere scrupolosi e prudenti, e se lui si schernirà, io insisterò, sarò irremovibile su questo argomento.

Ah sì, sì, assolutamente: con la salute non si scherza.

Mamma mia che impressione, e poi anche vederlo uscire piangente: mi si stringeva il cuore nel petto!  Che brutta sensazione.

Resta qualche minuto a rimuginare sul da farsi, passeggiando nervosamente nel labirinto.

Ad un certo punto si ode ancora la musica, che preannuncia l’inizio di una nuova scena, per cui lui torna a sedersi al riparo, sospirando.

“UNA VITA DAVANTI ” II parte

Entrano il rettore e il ragazzo in una piccola camera, che pare dare, tramite una porta socchiusa, in un’altra stanza molto più spaziosa.

Rettore:  Allora Ennio, innanzitutto ancora vivissimi complimenti per il proficuo e brillante corso di studi! Ora però dobbiamo parlare di qualcosa di ancora più importante e serio: la tua vita futura.

Ennio:  Certo, molto volentieri.

Rettore:  Guarda che non saranno tutte rose e fiori. La vita reale, il mondo del lavoro e la famiglia vissuta da adulti sono cose diverse dalla scuola.

Ennio:  Lo so bene, professore. Non si preoccupi, non sono più un bambino. Sono disposto ad accollarmi tutte le mie responsabilità.

Rettore:  Dunque, sei veramente pronto?

Ennio:  Sì, naturalmente. Sono pronto.

Rettore:  Va bene, allora apri quella porta, ed entra nella sala. Troverai una poltrona, siediti e osserva attentamente quello che succederà in tua presenza.

Ennio (perplesso e stupito):  Ma…E lei non viene con me?

Rettore: No, caro amico. A ognuno è riservato qualcosa di simile, ma è solo nell’affrontarlo.

Ennio (sempre più titubante):  Non capisco, ma farò come dice lei. Va bene, allora. A dopo.

Apre la porta ed entra, dopo aver dato un ultimo sguardo timoroso verso il suo interlocutore.

Nuovo cambio di scena, luci psichedeliche con un non so che di sinistro illuminano una sorta di dedalo in cui è divisa la sala nella quale è entrato il ragazzo.

Il labirinto è costituito da un sapiente gioco di specchi, dai quali viene restituita un’immagine deformata del protagonista, a sottintendere la dissoluzione della sua personalità e l’impossibilità di riconoscersi nella realtà circostante.

Il ragazzo inizialmente barcolla davanti agli specchi, che lo spaventano e lo inquietano, poi ritrova un minimo di equilibrio e vede la poltrona in fondo alla sala: la sposta mettendola appena dietro uno dei tanti specchi e vi si siede; scompare temporaneamente dalla vista del pubblico, ma si sente la sua voce che dice:

Ma che posto è mai questo? Dove sono capitato? Mi pare di essere precipitato come per incanto in un sogno! Che cosa c’entra tutto ciò con la mia laurea e la mia vita futura?”

All’improvviso si sente una musica potente e inquietante che pervade di solennità la scena, nell’oscurità un nuovo fascio di luce impazzita turbina sugli specchi per alcuni secondi per poi fermarsi e concentrarsi sul centro della scena.

A questo punto la musica termina e, come se provenisse dal nulla, dal buio circostante emerge un personaggio, che è identico al giovane, ma vestito in modo diverso.

Il nuovo venuto si guarda intorno, quasi abbacinato dagli specchi, senza riuscire a profferire parola; sembra che stia per dire qualcosa varie volte, ma poi la voce non gli esce, simbolo del suo sosia che anch’egli sta guardando la scena a bocca aperta, incredulo di vedere un altro ragazzo uguale a lui in tutto e per tutto.

Dopo alcuni minuti di perlustrazione del labirinto, nel quale anche il nuovo giovanotto sta per perdersi, ecco finalmente che arriva portando due sedie in mano un altro personaggio, un signore imponente e ben vestito, che inizia a parlare.

Signore:  Oh, buongiorno, venga, venga, si accomodi.

Ennio (come risvegliandosi dal torpore in modo repentino) :  La ringrazio.

Signore:   Allora, come lei può immaginare il motivo di questo colloquio è di confermare la sua assunzione. Nella nostra ditta siamo rimasti molto ben impressionati dalla sua lettera di referenze, e poi sono venuto a conoscenza della sua brillantissima laurea. Veramente complimenti!

Ora voglio solo sapere cosa ne pensa lei di lavorare con noi, e, nel caso ovviamente fosse interessato, le spiegherò in cosa consiste il nostro lavoro.

Ennio:  Certo, certo, ricordo la lettera che vi inviai, e sono sicuramente interessato alla vostra offerta.

Signore:  Immagino che lei sappia in cosa consiste il nostro business. Siamo un’assicurazione primaria nel nostro paese, che si occupa principalmente del ramo danni. Lei sarebbe assunto con mansioni impiegatizie, al servizio di un importante broker, e avrebbe poi la possibilità di fare carriera e persino accedere in seguito ad un portafoglio di clienti che le verrebbe ceduto, se darà dimostrazione di essere in grado di svolgere ruoli più impegnativi.

Ennio (piuttosto in imbarazzo):  Io la ringrazio, sono favorevolmente stupito, gratificato, e onorato dalla vostra interessante offerta. Tra l’altro la mia famiglia è sempre stata vostra cliente sia per l’assicurazione auto che per quella della casa, e quindi conosco bene la vostra serietà e la vostra professionalità.

Signore:  Bene, ci fa molto piacere che lei sia già anche nostro cliente. Sì, infatti io ho avuto il piacere di conoscere suo padre. Le sue referenze sono ottime…Del resto…

Ennio:  Sì?

Signore:   Beh, è ovvio (ammicca, con fare misterioso)…Lei sembra fatto apposta per lavorare con noi…Sono cose che si capiscono subito.

Ennio:   Non capisco…

Signore:   Ahahah, ma capirà, vedrà che poi, in seguito capirà! In ogni caso, io glielo predico…(lunga pausa, durante la quale pare quasi pregustare quello che sta dicendo)  Sì, esatto, glielo predico con assoluta certezza…Lei farà una lunga e luminosa carriera nella nostra ditta: arriverà ad altissimi livelli, livelli dirigenziali, avrà tante soddisfazioni, e guadagnerà anche parecchi soldi, stia sicuro!

Ennio: La ringrazio della fiducia, ma non so se sono all’altezza…Io veramente pensavo…

Signore: Ma scherza? Vedrà, vedrà, glielo posso assicurare. Lei farà un grande percorso da noi, e sarà un impiegato e poi un dirigente modello, veramente un grande acquisto per la nostra società!

Ennio: Non so cosa dire. Lei mi lusinga.

Signore: Se lo merita, non ho alcun dubbio. Guardi, ho qui già pronta una lettera di assunzione; inizierà con tre mesi di prova, ma è un semplice proforma, lei sarà confermato sicuramente. (Si fa improvvisamente severo nel tono) E anche lei, non deve avere dubbi!

Ennio (piuttosto perplesso, ma arrendevole) : Va bene, va bene.

Signore: Tra l’altro, lei si chiama Ennio, la cui etimologia è “destinato”: lo so perché sono un appassionato di nomi; che bella combinazione… (resta un attimo pensoso)  Beh, nel nome c’è sempre una parte di verità.

Ennio: Sì, esatto, ha ragione: è un nome un po’ particolare. Tra l’altro è adespota, non esiste un santo con questo nome.

Il capo ufficio ritorna allegro e gioviale, fa firmare al giovane il pro forma di una lettera di assunzione, dopo di che i due si salutano e se ne vanno dalla scena.

Rientra quindi brevemente il giovane originario, che ha seguito tutto da dietro allo specchio: appare spaesato e spaventato, come se non riuscisse a comprendere che cosa gli stia succedendo.

Ennio:  Ma cosa significa questa pantomima?  Che cosa vogliono farmi capire? Io non ho alcun interesse a lavorare in quella ditta, avevo solo mandato la richiesta di assunzione quasi per prova, per vedere se mi rispondevano…E cosa vogliono mostrarmi i miei professori, cosa dovrebbe essere la mia vita nel futuro?

A me non piacerebbe per nulla il lavoro impiegatizio in un’assicurazione, mi annoierei a morte! Ho studiato tanto per questo? Proprio no.

Ma io farò quello che voglio! Voglio fare qualcosa nell’ambito letterario, è l’unico settore che mi interessa.

E poi chi era quel ragazzino che mi assomigliava così tanto, dove lo hanno trovato, e soprattutto perché? Veramente si chiamerà come me?