LA MORTE DEL SINDACO

Si conclude oggi la raccolta di brevi racconti gialli, dedicati alle inchieste del commissario Venuti, ideati dall’amico Vittorio Nicoli, che ringraziamo di cuore per la sua preziosa collaborazione

IV e ultima puntata

La mattina seguente un Venuti finalmente disteso raggiunge la villa del Battocletti, quella dove abita attualmente, scortato dalla vedova inconsolabile e dalla governante piangente. Buon ultimo il sostituto procuratore, che non offre oggi il miglior profilo, e con quel lungo naso appare un pinocchio dinoccolato.

“Cavaliere, buongiorno.”- esordisce il commissario innanzi ad un padrone di casa ancora in pigiama – “Quest’oggi siamo nella sua nuova dimora, ma ho scoperto che lei ha abitato tanti anni in quella del suo sfortunato genero.”

“E con questo cosa vuol dire?”

“Solo che conosceva il passaggio fra le stanze, e che, guarda caso, la governante lavora per lei e la sua famiglia da sempre, non solo per sua figlia; inoltre, come ho potuto verificare personalmente, le è anche particolarmente devota: tanto devota da aiutarla ad uccidere suo genero!”

“E’ pazzo Venuti, lei è pazzo! Io la faccio sparire…” lo interrompe il cavaliere, urlando, ma improvvisamente spaventato.

“Spiacente cavaliere mio, scenda dal destriero: quel tonto di suo genero sindaco aveva un tremendo difetto per un politico, era onesto! Pensi, onesto! E si è rifiutato di aiutarla con la lottizzazione in cui lei, ben nascosto dietro società guidate da presta-nomi, aveva investito una fortuna, ed a nulla sono valse le pressioni – persino la mattina dell’omicidio – del Rossi per favorire l’operazione.”

“Non ha prove di nulla!”

“Ha ragione, non ne avevo sino alla confessione della sua governante, che ha confermato di aver messo lei il sonnifero nella bevanda, in modo da consentirle di entrare dalla camera dove prima era di nascosto salito, ed uccidere il sindaco fingendo un suicidio. Del resto, scommetto che se perquisiamo la sua abitazione troveremo un paio di guanti con tracce di polvere da sparo, visto che lei impugnava l’arma…”

Venuti non deve neppure proseguire, il cavaliere sbotta “Quel cretino di mio genero e questa imbecille che lo ha sposato!”

La figlia esplode a piangere nuovamente, e viene travolta da una crisi nervosa, la governante chiede perdono al suo padrone, Venuti si apre in un sorriso maligno rivolto al notabile, poi ne ordina l’arresto.

I cronisti fuori aspettano ansiosi notizie: Mastrolindo scorta via Venuti, che nuovamente non spiccica verbo, ma indica il sostituto come a precisare chiarisce tutto lui, e mentre si allontana si ricorda di aver votato per il sindaco, non per l’astro nascente, e la sua giornata di colpo migliora.

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LA MORTE DEL SINDACO

Racconto giallo di Vittorio Nicoli

III puntata

Venuti trova la vedova, – inconsolabile, chissà perché si dice sempre così, nella mia esperienza spesso si consolano facilmente, – in compagnia dei parenti che la coprono di attenzioni: ha il viso segnato e gli occhi ancora gonfi, il suo bell’aspetto adesso è dimesso come un fiore reciso. Il nostro la prende alla larga, fingendo di essere passato per un supplemento del primo sopralluogo, non avendo l’ardire di porre subito altre domande, anche se sa bene che la domanda è poi una soltanto: chi poteva volere la morte del sindaco, e perché ha taciuto della visita di Rossi. Intanto fa un secondo giro nello studio, scortato dalla governante ed esamina con calma la stanza. Attira il suo interesse la grande libreria che occupa pressoché tutta la parete: chiede con che stanza confina e scopre che è la camera da letto. Gli sovviene il dubbio che possano essere comunicanti e la governante conferma di un passaggio fra i due locali, proprio attraverso la libreria che si apre con un pulsante.

“Allora il sindaco poteva non essere solo al momento della morte, qualcuno avrebbe potuto introdursi nello studio dal passaggio, ossia l’omicida”. La governante a quelle parole appare scossa, ma conferma che lei e la signora erano nel salone di sotto al momento dello sparo e il signor Rossi era andato via, perché la signora lo aveva salutato almeno mezz’ora prima, l’aveva sentita mentre sistemava la sala da pranzo. A questo punto Venuti scende le scale e va per rivolgersi alla vedova, ma un figuro alto e magro, vestito di tutto punto e con un bel foulard al collo gli si para innanzi. “La lasci stare! Non vede com’è scossa?”

“Lei sarebbe…” sibila Venuti.

“Il padre sono! Il cavalier Battocletti! Forse il mio cognome le dice qualcosa, qui conto molto più di lei tanto per dire.”

“ Mi creda cavaliere, qui tutti contano più di me, ma io per lavoro faccio indagini e ho ormai la certezza che la morte del suo compianto genero sia un omicidio.”

A quelle parole la moglie esplode in un misto fra un urlo ed un pianto strozzato. “Imbecille! Ma non vede…” Battocletti si inalbera.

“Adesso basta vedo benissimo,“ e rivoltosi alla vedova “domattina venga da me in commissariato: ho alcune domande da rivolgerle, se ritiene venga con il suo avvocato, anche se non ho alcuna accusa nei suoi confronti, per il momento.” La donna non replica e non reagisce, il padre esclama un “Fuori! Si levi dai coglioni! Domattina il nostro legale verrà con mia figlia nello studio, se ne pentirà Venturi!”

“Venuti non Venturi cavaliere, non sbagli che qui ci va di mezzo un innocente…” dice il commissario mentre si allontana, sa già che il sostituto procuratore gli farà una scenata.

Sono passati alcuni giorni nei quali la pressione mediatica non ha dato sosta al nostro, costretto a tenere la bocca cucita e dissimulare negando la prosecuzione dell’indagine. Meno si sa, più è probabile che il colpevole si tradisca. Una mattina Verdi lo accoglie con i dossier delle due donne, come da sua richiesta. Venuti li legge avidamente e scopre che la vedova ha avuto incontri piuttosto frequenti con il Rossi, mentre la governante ha incontrato solo il vecchio cavaliere. Hai capito, la vedova inconsolabile? Durante l’ultimo interrogatorio alla presenza dell’avvocato non è venuto fuori nulla, se non il fatto che il Rossi era di casa per via della politica, quindi lei non dava peso alla sua presenza. Certo che il Rossi è proprio brutto, pensare ad una tresca sembra difficile, fatto salvo non si tratti di questioni politiche. Ma dal dossier non emerge nulla. Sarà per caso il fascino dell’astro nascente contro il sindaco, astro calante?

Prende il soprabito e si incammina verso la villa liberty per una nuova chiacchierata con la sospetta. Percorre tutta la strada a piedi dalla fermata del bus dove ha deciso di scendere; saranno cinque chilometri nei quali cerca di chiarire il quadro nella sua testa: l’occasione per narcotizzare ed uccidere l’avevano le due donne, o comunque sono in accordo con qualcuno, ma chi e perché? Il sindaco aveva scoperto la tresca? Voleva licenziare la governante, o aveva avuto uno scontro di partito?

E’ giunto finalmente alla sua meta, ma non fa in tempo a varcare il cancello di ingresso, che gli si para innanzi il Battocletti ed il suo volto dice tutto prima ancora delle sue parole: a sorpresa Venuti lo squadra da lontano, si ferma come a rimuginare, poi gira sui tacchi e va via, torna al commissariato e chiede di conoscere la storia del beneamato cavaliere, gli affari e le abitazioni…stavolta lo voglio al volo, in un’ora al massimo!

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LA MORTE DEL SINDACO

Racconto giallo di Vittorio Nicoli

II puntata

Finalmente in commissariato, riunisce i suoi discepoli per fare il punto sulla situazione, e soprattutto per far capire loro che dovranno muoversi con grande circospezione e non far trapelare la prosecuzione delle indagini, in quanto il procuratore le ha di fatto chiuse, considerando il caso come un suicidio. Loro dovranno pedinare la moglie e la governante, lui cercherà di parlare con il segretario locale del partito cui il sindaco apparteneva.

Va ora detto che a Venuti la politica poco interessa nel mondo di oggi, facendo parte di quella porzione di società, sempre più amplia, che è delusa e disillusa da quel mondo: però non è un uomo superficiale, sa bene quanto sia importante la gestione della cosa pubblica e quanto possa migliorare o peggiorare la giustizia sociale, solo si accorge che sempre meno soggetti la praticano con tale scopo. L’incontro con il segretario di partito, tal Rossi, non poteva che creargli irritazione e provocare la sua proverbiale scontrosità, e infatti l’esordio non è dei migliori.

“Buongiorno dottor Rossi, sono venuto per fare due chiacchiere sul nostro fu sindaco, che come lei sa si è tolto la vita.  Non lo avrete per caso, diciamo, forzato voi? So che prima dell’evento vi siete visti…”

“Venuti, lei non si smentisce mai, è un uomo insensibile e fastidioso, cosa vuole che le dica? Non credo neppure ci siano indagini in corso e comunque abbiamo parlato di come riorganizzare il nostro gruppo e ragionato di alcune decisioni che la giunta doveva assumere in settimana.”

“Sì, mi pare di ricordare si parlasse della lottizzazione a sud della città, molti soldi in ballo, filava tutto liscio? Potevano esserci dei contrasti, che lei sappia, nel partito o nella giunta?” Rossi a quella domanda prende tempo e fiato, come stesse valutando cosa replicare; poi fa spallucce e non dice nulla, tende la mano al commissario in tono di commiato, come a dire è ora che tu vada via. Venuti non replica al gesto, gira sui tacchi e si allontana: non ha avuto grandi chiarimenti, ma un piccolo passo lo ha fatto ed ora attende i risultati delle analisi e della scientifica. Certo che questo Rossi è un uomo fisicamente improponibile: testa grande su piccole spalle, alto e magro, ma sgraziato e con quella aria strana da faccendiere, non gli affiderebbe neppure il portafogli vuoto. Vuoi vedere che alle ultime elezioni l’ho pure votato? Non mi meraviglierei, ormai non seguo più quel mondo, conoscevo il sindaco per via del lavoro, colpa mia e del mio disimpegno.

Avanti, non demordere, ti attende la doggy bag del tuo ristorante preferito ed una serata di riflessione sperando che nessuno ti rompa le scatole. Spegni il telefono Venuti, ed accendi il cervello.

Il mattino dopo al risveglio il commissario ha la bocca impastata, come avesse rimuginato tutta la notte, eppure con una sensazione positiva ed al tempo stesso inquietante. Mentre fa colazione ascolta la radio come tutti i giorni, e tra le news compare ovviamente quanto accaduto il giorno prima, derubricato a suicidio, peraltro al momento non spiegabile. Uno spezzone di intervista riporta le parole della moglie che fra le lacrime conferma “Non ha mai detto niente, era sereno lavorava come sempre…”  Sembra sincera forse il tuo giudizio è affrettato.

Arriva in ufficio con passo deciso, quasi rabbioso, sale i gradini due a due per impazienza e come entra volge lo sguardo a Mastrolindo: gli legge il volto ed esclama “Bingo! Dimmi tutto nel mio ufficio”. Infatti, gli viene confermato che il bicchiere capovolto sul tavolo conteneva un potente barbiturico, ma purtroppo nessuna impronta digitale, se non quelle della vittima positiva anche al guanto di paraffina. “Ora abbiamo bisogno di capire cosa fanno le nostre due sospette e intanto lavoriamo sul loro passato e sul più vicino presente”.  A questo punto Venuti si fa portare un caffè quindi chiude la porta, si siede alla scrivania con i piedi in alto ed è così che il procuratore, entrando come una furia, lo trova.

“Che fa Venuti, ha deciso di proseguire le indagini per conto suo? Ha voglia di sprecare soldi pubblici per un caso risolto, mentre ci sono problemi costanti di ordine pubblico che lei ignora? Credevo di esser stato chiaro: caso chiuso e lei che fa? Va dal Rossi a fare domande. Questo attiva il cellulare e comincia a fare telefonate nazionali, capisce nazionali, e noi ci facciamo la figura dei cretini, meglio lei ce la fa. Rossi è uno che conta, è un astro nascente della politica nazionale”

Qui a Venuti scappa la solita battuta indisponente “In effetti ho visto che è molto veloce, specie nel liquidare gli interlocutori che non gli piacciono e nel dimenticare le cose…”

“Eppoi c’è la moglie del sindaco, lo sa, fa parte di una famiglia molto in vista, hanno già il problema del suicidio, evitiamogli altra pubblicità inutile, ma…”

“Ma non si può, – risponde il commissario – nel bicchiere abbiamo trovato una forte dose di barbiturico, ossia la vittima è stata drogata e la morte diventa sospetta”.

A questa frase il sostituto sbianca, perché adesso l’indagine è sicura e va fatta, gira sui tacchi ed uscendo dice: “Con discrezione!”

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LA MORTE DEL SINDACO

Racconto giallo di Vittorio Nicoli

Pubblichiamo da questa settimana con piacere un nuovo racconto giallo, con protagonista il commissario Venuti, sperando che incontri il Vostro favore. Grazie per l’attenzione!

I puntata

Ora di pranzo. Il commissario Venuti sta gustando una pizza presso il locale di Mario nel centro città, uno dei più conosciuti, dove lui si sente a casa; addirittura sul menù chi avesse voglia di cercare e leggere troverebbe la pizza del commissario, una rossa con prosciutto, wurstel, salame ed uovo. La vita attorno, sia nel locale sia in strada, scorre lenta e serena, la giornata è tiepida tardo-primaverile, quelle giornate in cui nemmeno a sforzarsi si trova una nube. Forse sforzandosi si riesce, commissario! Pochi istanti ed entra come una furia il buon Verdi trafelato, quasi travolgendo un tavolo di astanti come non fosse lì, piantandosi innanzi al tavolo senza profferire verbo. Venuti lo squadra da capo a piedi, masticando lentamente per sottolineare che sta desinando e suvvia che dica. Niente, l’aiutante resta impalato senza dire nulla. “Buongiorno, qual buon vento? Come vedi sto mangiando e tu mi stai interrompendo: dal tuo aspetto madido e sconvolto direi che è successo qualcosa di molto grave, ma se non è morto il sindaco o il vescovo, io non mi muovo.”

“Il primo, – disse d’un fiato Verdi, stupito che il suo superiore fosse così perspicace – lo hanno trovato meno di un’ora fa e mi hanno incaricato di cercarla in fretta e furia.” Imparassi a tacere una buona volta Venuti! Ecco, ora sarai contento: un caso sotto ai riflettori di quelli che tu ami così tanto, con stampa e superiori che ti alitano sul collo!” “Mario! Devo scappare, segna sul conto; passo stasera e preparami la doggy bag, mica voglio che vada sprecata”.

Gli occhi dei presenti sono tutti posati su lui, qualcuno ha già digitato sul cellulare alla ricerca del fattaccio.

Il Sindaco della città di S. è stato ritrovato cadavere stamattina presso la sua abitazione: indiscrezioni parlano di suicidio, si attendono chiarimenti da parte della polizia.

Giunto presso l’abitazione del sindaco, Venuti trova un nugolo di giornalisti (si muovono in sciami come le api o le vespe; meglio, le vespe che son carnivore) e deve farsi largo quasi a forza: finalmente Mastrolindo lo vede e viene in suo soccorso, forte della stazza; smanaccia alcuni repoter e consente il passaggio verso gli scalini d’ingresso della villa stile liberty della vittima. Il vialetto è transennato, oltre il quale il sostituto procuratore è già presente e lancia uno sguardo velenoso che dice dove sei stato? “Ero a pranzo, – dice il commissario, prevenendo la domanda – ho l’abitudine di mangiare durante i delitti, li rende più digeribili.”

“Smetta il suo sproloquio ed entriamo” replica il sostituto. Varcata la soglia, il primo impatto è con due figure di donna piangenti: la cameriera, persona piuttosto in carne di mezz’età tutt’altro che avvenente, ed una silhouette alta bionda, dall’aspetto giovane, la vedova inconsolabile. “E’ accaduto al piano di sopra nella stanza-studio” dice un poliziotto di piantone, che cerca di controllare la disperazione delle due. Venuti sale veloce senza pronunciare verbo, neppure un ‘condoglianze’ fra i denti. “Certo che lei è un uomo strano – prosegue il sostituto – non le ha degnate neanche di una parola di conforto.”

“Avrò tempo dopo per parlare con loro, devo sicuramente interrogarle e capire quanto è accaduto…”

“La faccio breve, Venuti, il sindaco si è suicidato come potrà vedere lei stesso e come constaterà il medico legale appena arriverà. Non abbiamo molto da investigare in questo caso, un tragico gesto.”

“Amen allora, potevo finire il pranzo” dice Venuti entrando nella stanza. La scena è per chi ha stomaco forte: colpo di pistola alla tempia, arma ancora nella mano del sindaco, sangue un po’ ovunque. Il resto incredibilmente in perfetto ordine. Venuti si accorge di un bicchiere vuoto rovesciato accanto al corpo riverso sulla scrivania, presso la quale la vittima stava seduta, e mentalmente si annota il particolare. “Dovremo comunque procedere con i controlli e visto che mi sono mosso perderò qualche minuto a parlare con le uniche persone presenti nella casa al momento del gesto; considerando anche che la moglie del sindaco è una donna molto affascinante”

Di stare zitto non ti riesce mai vero Venuti? Adesso guarda il sostituto che vorrebbe tirarti un ceffone e non può. Sai quanto il sindaco fosse amato e quanto conti la famiglia della sua consorte in città. Giochi sempre con il fuoco.

In effetti si tratta di una donna decisamente elegante e distinta e all’apparenza molto provata dal decesso del marito. Venuti riepiloga velocemente i fatti: “Allora, eravate in casa lei e la domestica e terminato di pranzare suo marito ha detto che voleva ritirarsi nello studio come faceva spesso, le è sembrato tranquillo e senza motivazioni apparenti per compiere il gesto estremo. Mi ha detto che nulla di recente ha modificato la routine della vostra vita, nessuna minaccia, niente che le sia sembrato strano.” La donna conferma le parole sempre singhiozzando, poi chiede di potersi allontanare sopraffatta dal dolore. Venuti passa in cucina dove la domestica erra cercando di fare le faccende, ma non concludendo nulla. E’ una donna dall’aspetto poco significante, dice di lavorare per il signor sindaco da molti anni al punto che non ricorda quanti siano; anche lei negli ultimi giorni non ha avuto alcun sentore di quello che si è poi tragicamente verificato. Lei però ricorda che in mattinata un esponente del partito del signor sindaco è venuto alla villa. Strano, la moglie ha omesso completamente la notizia.

Mentre Venuti sta riflettendo, il sostituto procuratore gli dice che sembra tutto chiaro: un gesto disperato indotto dallo stress, una debolezza dell’uomo. Incrocia lo sguardo di Venuti e comprende che non concorda. “Commissario, non cominci a cercare quello che non c’è. È un fatto enorme già così, evitiamo di cercare altre soluzioni peggiorando una situazione già sotto gli occhi di tutti.”

“Certo dottore, solo le indagini di rito il più velocemente possibile.” Poi si allontana verso Mastrolindo e gli chiede in segreto di raccogliere e far analizzare il bicchiere sulla scrivania: “Non lo dire a nessuno, riferisci a me solo.”

Subito dopo, lui ed il sostituto escono dalla porta della villa e vengono assaliti da un nugolo di giornalisti, alcuni flash, tanto rumore. Piovono le domande una sovrapposta all’altra, una specie di raffica senza logica e senso; il sostituto procuratore si ferma ed offre il suo miglior profilo mentre replica che è tutto drammaticamente chiaro, si tratta di un gesto estremo volontario. Venuti è scuro in volto, non profferisce verbo, cerca solo di farsi largo e sparire; saluta con un gesto l’uomo attorniato dai cronisti e si avvia di passo deciso verso l’auto dove il collega lo aspetta. Si potrebbe pensare di agorafobia, ma Venuti è scuro perché sa che si tratta di omicidio. Non è vero, non hai prove, solo la tua testarda e assurda idea di aver notato piccole incongruenze che potrebbero essere casuali, sei anche prevenuto verso le belle donne, lo so, ti conosco, le ritieni capaci chissà perché di atti malvagi.

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VENUTI NON CI CREDE

racconto giallo di Vittorio Nicoli

Quarta e ultima puntata

Poche ore dopo Venuti era nuovamente in canonica alla ricerca del parroco, esigendo un qualche chiarimento sui rapporti che intercorrevano fra Ettore e Giacomo, insospettito dalle stesse dichiarazioni che il don gli aveva rilasciato un paio di giorni prima. Dovette attendere almeno un’ora e quando il parroco arrivò aveva un’aria stanca, anche un poco stralunata.

“Buonasera don Carlo, la vedo trafelato, certo che il suo capo la fa correre molto…” Ricevette un’occhiataccia come replica, mentre il prete si asciugava il sudore “Torno dal giro delle benedizioni nelle case, sono solo e la mia parrocchia è grande. Ma mi dica, cosa la interessa commissario?” “Sono passato per un chiarimento: oggi in una miglior perlustrazione della casa della vittima ho rinvenuto una fotografia piuttosto datata di una gita dove siete assieme lei, Ettore e Giacomo. Non mi aveva detto nulla di tutto questo, non sapevo che lei fosse originario di questa città.” “Infatti non lo sono, provengo da una città vicina, ma si può dire che sia cresciuto qui. Eravamo in gita all’eremo di S.Pancrazio, saranno quindici anni fa; momenti felici prima che mancasse mio padre e poi i genitori di Giacomo. I ragazzi erano molto legati.” “Ma con il Giacomo lei che rapporti ha? So che gli affida dei lavoretti…” “E’ un bravo ragazzo, sfortunato perché ha perso i genitori prematuramente, non si meritava tanta sfortuna, mi creda un dolore indicibile ed io se posso lo aiuto. So che lei lo ha interrogato e lo sospetta, ma cosa vuole, ha un alibi.”
“Ha un alibi? A me non lo ha detto…” “ Sì, era qui in canonica con me quella sera non glielo ha detto? Strano, si vede che non lo ha ritenuto importante, è un po’ svampito, su questo le dò ragione”.

Andiamo a casa, Venuti, hai sentito abbastanza ed a questo punto stai a zero: il principale sospetto ha un alibi, il secondo possibile coinvolto tu stesso lo ritieni innocente. Certo che quella foto è strana. “Mi secca doverle dire questo, – proseguì il prete – controlli bene i precedenti dell’Ettore e qui mi taccio, sto contravvenendo ogni regola.” “Attenderò un’illuminazione divina reverendo! Grazie per aver fatto un poco del mio lavoro, mi creda presto ci sarà una svolta.” Su quest’ultima frase don Carlo, che rivolgeva la schiena all’interlocutore, si voltò all’improvviso con sguardo interrogativo, ma il sorriso sornione del Venuti lo tranquillizzò, era solo una boutade. Con passo lento, rimuginando le idee, il nostro si avviò verso casa, sempre con il bavero ben alzato a protezione del vento tagliente, come le bugie che sempre più spesso sentiva raccontare dagli uomini. Le relazioni umane sembravano ormai improntate ad una sana, si fa per dire, menzogna che permette a tutti di sopravvivere, buoni e cattivi, e rende impossibile ormai distinguere il falso dal vero.

Strada facendo prese il cellulare e chiamò Mastrolindo: “Per favore controlla i precedenti di Ettore.” “Commissario – disse l’aiutante – mi ha preceduto! Abbiamo qui un testimone che afferma di aver visto Ettore compiere l’effrazione”. Non correre Venuti, spesso le cose non sono come sembrano, spesso valgono molto più le sensazioni maturate in una vita di esperienza di quello che sembra vero: del resto non pensavi or ora che il falso… Il testimone però dinanzi al commissario confermò di aver visto una persona alta e magra che poteva corrispondere al sospetto e così mentre Mastrolindo attendeva l’ordine di andare ad arrestare l’Ettore, il commissario lo sorprese con una strana richiesta: voleva conoscere gli itinerari del parroco durante il giro delle benedizioni familiari e notizie sulla morte di suo padre, e dei genitori di Giacomo.

E’ mattino presto, deve ancora iniziare la messa e nella navata centrale della chiesa un uomo da solo cammina come misurasse i passi, ogni tanto alza lo sguardo verso il Crocifisso come volesse stabilire un contatto. Sa che sta per compiere un gesto importante e scioccante, ne ha anche un poco timore. Osserva le poche pie donne che stanno inginocchiate sulle prime panche e snocciolano incomprensibili litanie, la sua figura viene contraccambiata dai loro sguardi attenti ed interrogativi: sente il peso della sua stessa presenza errante in quell’ambiente, eppure nessuno neanche per un istante pensa di fermarlo, di parlargli, di capire. Il parroco esce dalla sagrestia ed il figuro improvvisamente interrompe la sua deambulazione e lo affronta con piglio deciso: i due confabulano alcuni secondi poi il parroco torna sui suoi passi scortato dall’uomo.

“Buongiorno Don Carlo, lei sa bene perché sono venuto, anzi direi che una parte di lei mi stava ansiosamente aspettando: la sua coscienza finalmente potrà scaricare tutta la tensione di questi ultimi giorni.” E’ un Venuti arcigno e nello stesso tempo dallo sguardo dolce, quasi amico: il bavero della giacca è abbassato dalla primavera finalmente giunta i capelli sconvolti dal venticello mattutino.

“Ormai so tutto, sono venuto ad offrirle un’uscita di scena tranquilla: conclusa la messa, io andrò via e lei svestiti i paramenti verrà al mio seguito in commissariato a costituirsi. Non ho creduto alla sua storia e neppure al suo tentativo di creare un alibi ad altri per averlo per sé : lei ha ucciso la povera Rosetta durante il giro delle benedizioni, momento che gliene dava facile occasione. La poveretta le ha aperto la sua casa ignara della vendetta che veniva a cercarla da così lontano; da quando suo padre si uccise per amore, vero Carlo? Amore della Rosetta che lo aveva rifiutato, lui che rimasto vedovo con lei ragazzo pensava di rifarsi una vita con chi conosceva da sempre, il doppio dolore lo ha ucciso e lei…”

“Ed io ho chiesto alla donna di spiegarmi il loro legame per capire, per giustificare il mio dolore; sono tornato qui per quello, dopo aver svolto attività in missioni lontane, il tarlo mi mangiava la vita, dovevo sapere. E lei si è messa a ridere dicendo che quell’uomo era sempre stato uno sciocco e ora, vedovo, pensava di poter cercare aiuto per se e per quel marmocchio con la faccia da imbecille, andasse all’inferno!”

“Così la rabbia si è impossessata di lei e l’ha strangolata con la stola. L’attendo in commissariato. ”
Con la frase laconica Venuti uscì dalla canonica prima e dalla Chiesa poi, chiedendo perdono a Dio per aver arrestato un suo servo. Ancora una volta il male ti ha dimostrato di sapersi annidare nei luoghi più impensabili, vero? Siamo deboli e caduchi mio caro, per questo abbiamo bisogno di uomini come sei tu, scettici verso tutto, scandagli dell’animo umano. A proposito Venuti, e l’effrazione? “L’effrazione è stata compiuta dal Giacomo su istigazione del parroco: se ricordi, Ettore ha detto che la Rosetta gli preparava dei piatti, doveva averne ancora uno vuoto lì in camera; Il prete la sera dell’omicidio lo ha visto ed ha progettato la messinscena della rivelazione e per rincarare la dose lo ha fatto trafugare e restituire con una scusa. Anche l’accenno ai precedenti di Ettore, piccoli furti, era funzionale all’accusa: oltre al piatto avremmo trovato in casa del presunto colpevole anche una piccola catenina d’oro che sempre Giacomo, soggiogato da Carlo, ha facilmente lasciato in casa del suo amico di lunga data. Beninteso Carlo non aveva nulla contro Ettore: era solo il colpevole perfetto.

“Ora sento il peso della vita e delle menzogne, devo fare un bel lungo giro.” disse Venuti mentre procedeva verso il commissariato, sbagliando volutamente strada.

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VENUTI NON CI CREDE

Racconto giallo di Vittorio Nicoli

III Puntata

Il mattino seguente Giacomo di buon’ora venne condotto nell’ufficio di Venuti per un nuovo interrogatorio. Era un giovane molto simile all’Ettore e con la sua aria dinoccolata lo ricordava benissimo, il commissario seduto alla scrivania lo osservava in silenzio squadrandolo da capo a piedi. Fu l’interrogato a rompere il silenzio. “ Buongiorno commissario, mi dica ci sono novità sulla morte di mia nonna? Visto l’ora presta cui sono stato convocato ritengo abbia qualcosa di importante da dirmi.”

Con le dita giocava con le asole di una maglia troppo grande per la sua corporatura e dimostrava una qualche impazienza con un movimento ritmico del piede.

“A dire il vero spero che sia lei a chiarire un poco le cose e per far luce sull’omicidio; colgo l’occasione per ricostruire assieme quanto accaduto. Vediamo: circa tre giorni fa verso l’ora del vespro qualcuno si è introdotto in casa di sua nonna, presumo atteso, e l’ha strangolata. Dico ‘presumo atteso’ in quanto non ci sono segni di effrazione e ragionevolmente non è stato rubato nulla il che mi fa propendere per un alterco, una discussione finita male.” Il ragazzo annuì col capo. “Devo aggiungere che la scientifica non ha trovato niente: nessuna impronta, manca l’arma del delitto e direi manca anche un movente forte… oppure quello c’è vero Giacomo? I soldi che la nonna non voleva più regalarle per fare questa sua vita diciamo allegra.”

Il sospetto cambiò espressione e mostrò ancor più nervosismo “Ma cosa dice? Io volevo bene alla nonna! Non le avrei mai fatto del male! E poi sono io che vi ho avvisato, lo dimentica? Ero rientrato appena in città da un impegno che avevo poco lontano, ho deciso di salutare la nonna e ho trovato la porta chiusa ma senza chiavistello e dopo aver suonato ho aperto e trovato il cadavere. Quanto ai soldi, non posso negare che di tanto in tanto mi aiutasse nelle spese.”

“Poche ciance! – esplose Venuti – Ieri l’ho vista entrare in uno dei negozi più ‘in’ della città. Vuol darmi a bere che lei ha i mezzi per certe spese? Lei che quando va bene fa lavoretti saltuari?” “ Li ho guadagnati lavorando per don Carlo!” A quella frase Venuti alzò in aria un braccio con fare quasi intimidatorio, anche se il gesto voleva tacitare Giacomo per poter pensare. “Cosa ci faceva due giorni fa in canonica? Ci siamo incrociati alla sera, sono sicuro”. “Sono andato a ritirare i soldi, quelli del lavoro. Con Carlo, pardon don Carlo, ci conosciamo da ragazzi, lui è di un paese qui vicino, anche se ha qualche anno in più di noi.” “Noi chi? – chiese il commissario. “Sì, rispetto a me, ad Ettore ed altri che frequentavamo la chiesa anni fa. ” “Quindi lei conosce bene Ettore il vicino della nonna, che è come lei un perdigiorno…” Il giovane ebbe uno scatto di rabbia ed urlò “Come si permette!?”

Mastrolindo entrò di corsa nella stanza in difesa di Venuti, ma lo trovò calmo e con la situazione sotto controllo. Questi si sono messi d’accordo per far fuori la vecchia e spartirsi il malloppo, anche se non capisco cosa potesse avere un pensionata al minimo, in questo paese è già tanto se sopravvive un tal soggetto, e non crepa di fame. Eppure sono sicuro che non sia un caso.

“Senta Giacomo, si tenga a disposizione e non lasci la città per alcun motivo. Mi saluti Ettore!” Venuti sperava di suscitare una qualche reazione che però non avvenne, il ragazzo a capo chino uscì dal commissariato claudicando. Il nostro, lasciato ai suoi pensieri, cercò di riordinare le idee. E gli sovvenne una domanda: la casa della vecchia con terreno a chi sarebbe andata? Avevano svolto un ricerca? Cominciò a scartabellare sulla scrivania e finalmente saltò fuori un albero genealogico del Giacomo, figlio unico ed unico erede della nonna. Casa di proprietà. Bingo! Ora andiamo a dimostrare che il giovane non ha trovato il cadavere, ma che l’ha uccisa magari con la complicità dell’Ettore. Bisogna tornare dal nostro Don che fa il finto tonto e mi pare sappia molto di più di quanto non dica. Sarà il segreto del confessionale. Venuti prese il cappotto e la sciarpa per affrontare una primavera che non ne voleva proprio sapere, e con buon passo si avviò verso la chiesa, certo che don Carlo avesse ancora molto da dargli. Non aveva fatto venti passi che squillò il cellulare: era Mastrolindo che lo informava che qualcuno aveva rotto i sigilli della casa della vittima. Questa sì che era un sorpresa. Venuti aveva un’aria scocciata quando arrivò alla villetta della povera Rosetta ed il suo collaboratore, avvedendosene, gli rivolse uno sguardo interrogativo: avrebbe dovuto essere contento perché l’assassino era tornato sul luogo del delitto e poteva aver commesso un errore o essere stato visto da qualcuno.

“Cosa manca?” – chiese – “ avete già chiesto in giro se qualcuno ha notato movimenti strani?” “ Commissario, ad una prima indagine nulla, e chi è entrato sapeva cosa cercare, dubitiamo ci siano impronte.” Stavolta il nostro decise di fare un preciso sopralluogo, la sera dell’omicidio doveva aver trascurato qualcosa. La villetta era su due piani, collocata appena fuori dal centro abitato e circondata da un po’ di terreno; l’interno era piuttosto trascurato ricordando tempi migliori e più manutenuti. La camera da letto verso cui rivolse le attenzioni il commissario constava di un letto ad una piazza e mezza, un armadio anche lui un po’ vetusto, un comò su cui erano appoggiate fotografie in cornice e piccole suppellettili provenienti da viaggi o regali. Avrebbe giurato che ci
fosse un piatto grande posato lì sopra, di quelli dipinti a mano. Fece un passo indietro: la visione d’insieme tradiva uno spazio vuoto, giusto quello che avrebbe potuto occupare un oggetto tondo. In quel momento gli cadde l’attenzione sulle foto: ve ne era una piccola in cui un gruppo di ragazzi era immortalato in montagna, sembrava un gruppo parrocchiale ed infatti un prete ed un suo assistente erano presenti. La prese in mano per osservare da vicino i volti: guarda Ettore, Giacomo e il pretino giovane era… don Carlo.

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