racconto giallo di Vittorio Nicoli
Quarta e ultima puntata
Poche ore dopo Venuti era nuovamente in canonica alla ricerca del parroco, esigendo un qualche chiarimento sui rapporti che intercorrevano fra Ettore e Giacomo, insospettito dalle stesse dichiarazioni che il don gli aveva rilasciato un paio di giorni prima. Dovette attendere almeno un’ora e quando il parroco arrivò aveva un’aria stanca, anche un poco stralunata.
“Buonasera don Carlo, la vedo trafelato, certo che il suo capo la fa correre molto…” Ricevette un’occhiataccia come replica, mentre il prete si asciugava il sudore “Torno dal giro delle benedizioni nelle case, sono solo e la mia parrocchia è grande. Ma mi dica, cosa la interessa commissario?” “Sono passato per un chiarimento: oggi in una miglior perlustrazione della casa della vittima ho rinvenuto una fotografia piuttosto datata di una gita dove siete assieme lei, Ettore e Giacomo. Non mi aveva detto nulla di tutto questo, non sapevo che lei fosse originario di questa città.” “Infatti non lo sono, provengo da una città vicina, ma si può dire che sia cresciuto qui. Eravamo in gita all’eremo di S.Pancrazio, saranno quindici anni fa; momenti felici prima che mancasse mio padre e poi i genitori di Giacomo. I ragazzi erano molto legati.” “Ma con il Giacomo lei che rapporti ha? So che gli affida dei lavoretti…” “E’ un bravo ragazzo, sfortunato perché ha perso i genitori prematuramente, non si meritava tanta sfortuna, mi creda un dolore indicibile ed io se posso lo aiuto. So che lei lo ha interrogato e lo sospetta, ma cosa vuole, ha un alibi.”
“Ha un alibi? A me non lo ha detto…” “ Sì, era qui in canonica con me quella sera non glielo ha detto? Strano, si vede che non lo ha ritenuto importante, è un po’ svampito, su questo le dò ragione”.
Andiamo a casa, Venuti, hai sentito abbastanza ed a questo punto stai a zero: il principale sospetto ha un alibi, il secondo possibile coinvolto tu stesso lo ritieni innocente. Certo che quella foto è strana. “Mi secca doverle dire questo, – proseguì il prete – controlli bene i precedenti dell’Ettore e qui mi taccio, sto contravvenendo ogni regola.” “Attenderò un’illuminazione divina reverendo! Grazie per aver fatto un poco del mio lavoro, mi creda presto ci sarà una svolta.” Su quest’ultima frase don Carlo, che rivolgeva la schiena all’interlocutore, si voltò all’improvviso con sguardo interrogativo, ma il sorriso sornione del Venuti lo tranquillizzò, era solo una boutade. Con passo lento, rimuginando le idee, il nostro si avviò verso casa, sempre con il bavero ben alzato a protezione del vento tagliente, come le bugie che sempre più spesso sentiva raccontare dagli uomini. Le relazioni umane sembravano ormai improntate ad una sana, si fa per dire, menzogna che permette a tutti di sopravvivere, buoni e cattivi, e rende impossibile ormai distinguere il falso dal vero.
Strada facendo prese il cellulare e chiamò Mastrolindo: “Per favore controlla i precedenti di Ettore.” “Commissario – disse l’aiutante – mi ha preceduto! Abbiamo qui un testimone che afferma di aver visto Ettore compiere l’effrazione”. Non correre Venuti, spesso le cose non sono come sembrano, spesso valgono molto più le sensazioni maturate in una vita di esperienza di quello che sembra vero: del resto non pensavi or ora che il falso… Il testimone però dinanzi al commissario confermò di aver visto una persona alta e magra che poteva corrispondere al sospetto e così mentre Mastrolindo attendeva l’ordine di andare ad arrestare l’Ettore, il commissario lo sorprese con una strana richiesta: voleva conoscere gli itinerari del parroco durante il giro delle benedizioni familiari e notizie sulla morte di suo padre, e dei genitori di Giacomo.
E’ mattino presto, deve ancora iniziare la messa e nella navata centrale della chiesa un uomo da solo cammina come misurasse i passi, ogni tanto alza lo sguardo verso il Crocifisso come volesse stabilire un contatto. Sa che sta per compiere un gesto importante e scioccante, ne ha anche un poco timore. Osserva le poche pie donne che stanno inginocchiate sulle prime panche e snocciolano incomprensibili litanie, la sua figura viene contraccambiata dai loro sguardi attenti ed interrogativi: sente il peso della sua stessa presenza errante in quell’ambiente, eppure nessuno neanche per un istante pensa di fermarlo, di parlargli, di capire. Il parroco esce dalla sagrestia ed il figuro improvvisamente interrompe la sua deambulazione e lo affronta con piglio deciso: i due confabulano alcuni secondi poi il parroco torna sui suoi passi scortato dall’uomo.
“Buongiorno Don Carlo, lei sa bene perché sono venuto, anzi direi che una parte di lei mi stava ansiosamente aspettando: la sua coscienza finalmente potrà scaricare tutta la tensione di questi ultimi giorni.” E’ un Venuti arcigno e nello stesso tempo dallo sguardo dolce, quasi amico: il bavero della giacca è abbassato dalla primavera finalmente giunta i capelli sconvolti dal venticello mattutino.
“Ormai so tutto, sono venuto ad offrirle un’uscita di scena tranquilla: conclusa la messa, io andrò via e lei svestiti i paramenti verrà al mio seguito in commissariato a costituirsi. Non ho creduto alla sua storia e neppure al suo tentativo di creare un alibi ad altri per averlo per sé : lei ha ucciso la povera Rosetta durante il giro delle benedizioni, momento che gliene dava facile occasione. La poveretta le ha aperto la sua casa ignara della vendetta che veniva a cercarla da così lontano; da quando suo padre si uccise per amore, vero Carlo? Amore della Rosetta che lo aveva rifiutato, lui che rimasto vedovo con lei ragazzo pensava di rifarsi una vita con chi conosceva da sempre, il doppio dolore lo ha ucciso e lei…”
“Ed io ho chiesto alla donna di spiegarmi il loro legame per capire, per giustificare il mio dolore; sono tornato qui per quello, dopo aver svolto attività in missioni lontane, il tarlo mi mangiava la vita, dovevo sapere. E lei si è messa a ridere dicendo che quell’uomo era sempre stato uno sciocco e ora, vedovo, pensava di poter cercare aiuto per se e per quel marmocchio con la faccia da imbecille, andasse all’inferno!”
“Così la rabbia si è impossessata di lei e l’ha strangolata con la stola. L’attendo in commissariato. ”
Con la frase laconica Venuti uscì dalla canonica prima e dalla Chiesa poi, chiedendo perdono a Dio per aver arrestato un suo servo. Ancora una volta il male ti ha dimostrato di sapersi annidare nei luoghi più impensabili, vero? Siamo deboli e caduchi mio caro, per questo abbiamo bisogno di uomini come sei tu, scettici verso tutto, scandagli dell’animo umano. A proposito Venuti, e l’effrazione? “L’effrazione è stata compiuta dal Giacomo su istigazione del parroco: se ricordi, Ettore ha detto che la Rosetta gli preparava dei piatti, doveva averne ancora uno vuoto lì in camera; Il prete la sera dell’omicidio lo ha visto ed ha progettato la messinscena della rivelazione e per rincarare la dose lo ha fatto trafugare e restituire con una scusa. Anche l’accenno ai precedenti di Ettore, piccoli furti, era funzionale all’accusa: oltre al piatto avremmo trovato in casa del presunto colpevole anche una piccola catenina d’oro che sempre Giacomo, soggiogato da Carlo, ha facilmente lasciato in casa del suo amico di lunga data. Beninteso Carlo non aveva nulla contro Ettore: era solo il colpevole perfetto.
“Ora sento il peso della vita e delle menzogne, devo fare un bel lungo giro.” disse Venuti mentre procedeva verso il commissariato, sbagliando volutamente strada.
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