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L’ APPARENZA

Ormai è tutta apparenza, la forma ha preso nettamente il sopravvento sulla sostanza: in un mondo governato dai media e dai social media, è molto più importante apparire che essere; inoltre, anche la legislazione ha recepito molti modi di pensare e comportamenti che finiscono per amplificare tale fenomeno, forse nel tentativo di adattarsi alla realtà e restare al passo con i tempi.

E’ divertente pensare a quante cose si facciano per abitudine e convenzione, più che per eccessiva necessità.

A tutti noi capita sempre più spesso, nella vita privata come sul lavoro, di porre in essere una serie di comportamenti che non incidono realmente sulla qualità e quantità del risultato o del prodotto finito, ma semplicemente sono obbligatorie, in quanto destinate ad avvalorarci e farci percepire in un certo modo dagli altri: ormai, più che fare le cose, bisogna far vedere che le si fa… Non si tratta solo di eccesso di burocrazia, la quale è sempre esistita: ora tale fenomeno è accentuato probabilmente dal vuoto totale di contenuti in molti aspetti del nostro vivere, che vengono riempiti di banale, superfluo e inutile.

A tal proposito un esempio, che definirei eclatante, mi è stato narrato da un amico, dirigente presso una importante multinazionale: nel suo staff è presente una ragazza laureata col massimo dei voti presso una prestigiosa università, assunta circa cinque anni fa per sviluppare delicati progetti ingegneristici, ma selezionata anche grazie alla sua appartenenza ad un gruppo di pensiero protetto, per il quale la normativa attuale prevede delle quote minime di partecipazione in ogni azienda di grandi dimensioni.               

Trattandosi però, nel caso dell’impresa in questione, di progetti contrari al modo di pensare “purple”(*) della giovane, questa si è sempre rifiutata di svilupparli, e quindi praticamente passa il tempo leggendo i giornali o navigando su internet, mentre il team degli altri impiegati lavora nel medesimo ufficio.                                                                                          

Dal canto suo, l’azienda non la può licenziare e nemmeno sospendere, in quanto violerebbe la legge sul pensiero purple recentemente approvata, esponendosi per di più a gravi ricadute in termini reputazionali e di immagine, – visto il dilagare imperante di tale ideologia –  per cui questa situazione assurda si protrae da anni senza soluzione; la dipendente continua a percepire lo stipendio senza fare nulla, mentre gli altri sgobbano anche per lei, e la multinazionale si rifiuta di assumere altro personale, in quanto incorrerebbe nello stesso rischio di avere stipendiati che non fanno nulla.

La cosa però più scandalosa è che tale azienda allo stesso tempo tartassa ed effettua pressioni enormi sui colleghi che lavorano, perché completino i progetti nei tempi previsti, con budget terribilmente competitivi, assegnando loro sempre più oneri, dovendo inoltre essi sopperire all’assenza di utilità della ragazza.

Qualcuno ha recentemente pensato di dichiararsi “purple” a sua volta, per poter beneficiare anch’egli di tale status, ma non ha superato il durissimo e probante test di verifica delle caratteristiche e credenze purple, alla presenza di psicologi e medici del lavoro, per cui è dovuto tornare a lavorare alacremente, senza discutere, sotto lo sguardo indifferente dell’ultima arrivata, che si limita a incassare lo stipendio.

Tutto il mondo del lavoro e la stessa organizzazione sociale stanno attualmente avvalorando tali comportamenti, che però purtroppo comportano enormi rischi e ricadute in termini di efficienza e creazione di benessere collettivo nei paesi occidentali.

Insomma, il trionfo del nulla sulla vita concreta e sulle sue complessità, che si sta ergendo a nuovo mito di una generazione, con l’avallo delle istituzioni e dei mezzi di comunicazione, tutti orientati in modo spasmodico nel seguire le mode, probabilmente anche nell’intenzione di distogliere l’attenzione dei cittadini dai veri problemi.

(A. COTTIMO, ex dirigente di azienda, attualmente in quiescenza con minimo pensionistico, dopo 55 anni di contributi)

(*) Purple: filosofia di vita che condanna il lavoro come mezzo di produzione di beni e servizi e di coercizione delle persone, teorizzando un reddito universale per tutti, indipendentemente dalla loro partecipazione alla vita lavorativa. Tale filosofia non approfondisce però chi e come dovrebbe assicurare il mantenimento del livello di benessere della società.