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Questo racconto è dedicato alla carissima amica e sodale Lara Pellerino, insigne consulente finanziaria, valente presentatrice di eventi, oltre che grande sostenitrice delle mie opere: Lara, nel giorno del tuo genetliaco, ti giungano i miei più cari auguri di buon compleanno e di una vita lunga e felice, insieme alla tua famiglia!

LA KAKISTOCRAZIA (I parte)

                                                                        

Sempre maggiore è il disagio avvertito nella nostra società per la mancanza di una valida classe dirigente, in grado di affrontare le enormi sfide contemporanee, e tale problematica si manifesta in questo momento storico a tutti i livelli.       

Nel particolare, così come nel generale, ravvisiamo ormai un vuoto di potere e una incapacità di affrontare la complessità del reale, che pare un vizio e una dannazione dei nostri tempi.

Purtroppo, è ormai evidente a tutti che a dirigere nazioni e imprese multinazionali, scendendo sino agli amministratori locali, vi sia, tranne esigue eccezioni, una pletora di persone impreparate, senza la necessaria esperienza e spesso neanche dotate di specchiata moralità, tanto che alcuni sociologi hanno coniato per la nomenclatura di alcuni stati il termine “kakistocrazia”, mutuato dal greco, ovvero “il governo dei peggiori”.  

Sempre più frequenti sono i casi di governanti eletti a comandare paesi importanti senza avere nessuna esperienza né cultura in alcun campo dello scibile umano, ma semplicemente per mancanza di alternative o perché più abili nel catturare l’attenzione e l’empatia del popolo. Ma anche di manager di importanti aziende, spesso protagonisti di incomprensibili carriere fulminanti, ma totalmente impreparati a gestire sia le sfide del mercato globale che team di collaboratori, ai quali appaiono come dei disadattati, aventi come unico obiettivo quello di conseguire un utile aziendale a breve termine. E lo stesso discorso si può estendere a tutti i gangli essenziali della vita pubblica, dove si trovano giudici che emettono sentenze assurde se confrontate col buon senso, insegnanti totalmente incapaci di insegnare le loro materie, o medici che improvvisano nel formulare le loro diagnosi, affidandosi spesso solo alla tecnologia, senza nemmeno visitare i propri pazienti.    

Gli avvenimenti del genere ormai si sprecano, e vanno ad interessare tutti gli aspetti della nostra società.

Negli Stati Uniti, il paese più potente, ricco ed influente del mondo, il prosieguo del mandato Trump, malgrado l’arresto che lo ha riguardato solo sei mesi dopo il verdetto elettorale, per i ben noti motivi, riguardanti i suoi problemi fiscali e finanziari, dimostra il totale scollamento tra i vari poteri: un presidente, costretto a dirigere la prima tecnocrazia e potenza internazionale dal carcere, collegato da remoto con il suo gabinetto di ministri, non si era mai visto prima, ed era impensabile anche nei più cupi e pessimistici romanzi distopici sino ad ora prodotti!                                                                                                               

Il tutto consentito da una legge che lo stesso presidente, in evidente conflitto di interessi, era riuscito a far frettolosamente approvare, con la connivenza dei due rami del parlamento, e che travalica le norme federali, oltre che quelle della decenza; legge che permette al presidente USA di portare a termine il suo mandato anche in caso di impeachment e condanne per reati comuni, escludendo quindi solo crimini gravissimi, come ad esempio l’alto tradimento.

Eppure, il sistema mediatico e gli stessi abitanti statunitensi si sono alla fine abituati anche allo strano e inquietante spettacolo di un presidente che governa il paese, e indirettamente influenza anche il resto del mondo, mentre è detenuto in una cella, con sentenza passata in giudicato!

Un altro caso apparentemente incredibile, che ha recentemente fatto molto scalpore, è stata l’inchiesta portata avanti da una rete televisiva francese sulla selezione per i manager di una importante azienda di telecomunicazioni transalpina, dove, tra i parametri richiesti nella normativa interna riservata – poi resa pubblica dal servizio tv – erano evidenziati come preferibili il comportamento asociale, e la totale assenza di remore morali nell’adempiere al proprio compito. Si tratta della stessa azienda in cui i suicidi tra i dipendenti hanno avuto un incremento impressionante nell’ultimo decennio.

E che dire della vicenda, forse ancora più paradossale, dell’impiegato assicurativo tedesco, recentemente licenziato in quanto considerato troppo competente, solerte e ligio al soddisfacimento delle esigenze di colleghi e clienti, e per questo motivo rimosso, perché col suo esempio avrebbe oscurato molti suoi superiori, e perché comunque non più ritenuto in linea con le aspettative di clima interno, orientato alla massima competitività tra colleghi, imposte dall’importante istituto per il quale lavorava?

Altrettanto impressionante, venendo al nostro Paese, è stata la statistica condotta quest’anno sulla cultura media dei neolaureati italiani, dove è emerso come il 90% di essi non siano in grado di formulare una frase di senso compiuto con la sintassi corretta, o di comprendere il significato di un comune articolo di giornale, malgrado una serie di corsi di studio, partendo dalle scuole elementari, di almeno 18 anni complessivi.

Infine, sempre in questo alveo di totale sfacelo, ma cambiando completamente settore, va ad inserirsi la sentenza dei giudici del tribunale campano, i quali lo scorso mese hanno assolto, e fatto scarcerare, l’omicida colto in fragranza di reato con la sua vittima agonizzante, solo per un banale vizio di forma, in quanto i poliziotti non si erano dichiarati come tali in modo tempestivo, durante il loro intervento.  Tale episodio paradossale appare come un chiaro esempio di incompetenza e superficialità da parte dei togati.

Ma da cosa deriva questa situazione che ha dell’assurdo, in quanto ravvisabile soprattutto in tutte le maggiori democrazie occidentali, dove il voto è libero, e dovrebbero valere concetti come la meritocrazia, la professionalità e l’onestà?

(continua)