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Il dittatore

Oggi è il nove Termidoro.

Da poche ore mi hanno arrestato e rinchiuso nelle carceri della Rivoluzione, lo hanno fatto i nemici del popolo adducendo che io sia un tiranno. Mi sono fatto consegnare carta e penna, per lasciare in questo tristo momento il mio pensiero e la mia determinazione, cui mai sono venuto meno.

Sono un tiranno che ha appena salvato la Francia e la Rivoluzione stessa.

Se non avessi mobilitato e chiamato a raccolta lo spirito che ci ha animato in questi anni, i nostri nemici interni ed esterni ci avrebbero sopraffatto. Per far questo ho sicuramente accentrato i poteri e fatto scorrere il sangue, ma quando si lotta contro i subdoli nobili che cospirano contro i loro concittadini, i borghesi che approfittano per il loro tornaconto personale, i folli che rincorrono assurde idee di sovversione, tutto quello che ho fatto era necessario.

Mi hanno acclamato pochi mesi or sono come un eroe ed un salvatore, quasi fossi entrato in una nuova Gerusalemme. Dopo hanno capito che per il popolo e dal popolo io ritenevo di ricevere il potere e per quello sarei perito, come infatti è destino avvenga. Gli uomini a me più vicini mi fanno adesso compagnia e seguiranno la mia stessa sorte: hanno tentato invano di difendermi dai calunniatori e dagli avversari.

Mi chiedo ancora quale possa essere la mia colpa: le ragioni per cui mi hanno conferito il potere, quelle che ho sempre propugnato, le ho seguite ed eseguite in modo magistrale. Ho vinto le battaglie militari (non io, ma il grande generale Jourdan) ed ho salvato il popolo dagli affamatori, nulla ho ottenuto per me e nulla ho richiesto. Certo per fare questo ho imposto il Terrore – così la storia lo chiamerà – e fatto lavorare in modo impietoso il boia! Ma la Francia è salva e Saint Just si è impegnato a fondo perché resti una ed unita.

Mi rimproverano di aver permesso le delazioni e di aver impedito agli imputati di potersi difendere: ma quale difesa potevano invocare i ladri, gli affamatori, i traditori ed i cospiratori? Sulle picche le loro teste insanguinate!

Ho dovuto piegare Herbert e lasciare a Danton il suo amaro destino, il primo rivoluzionario anarchico, il secondo, peraltro mio amico, è stato tradito non da me, ma dai suoi stessi seguaci: ancora adesso sono convito che abbiano colpito lui per indebolirmi, perché lo salvassi, perdendoci entrambi. Qui lo so, la storia mi additerà come un vigliacco che dietro le persiane assiste all’esecuzione. Dimenticano, i miei delatori, che in quei momenti la Francia era in estremo pericolo.

Senza lo stato con le sue leggi non esiste libertà ed io non potevo per amicizia violarle, dimostrando anche un solo piccolo interesse personale. Quanto dolore mi è costato tutto questo, anche adesso pensare che uomini a me vicini, fedeli amici, per causa mia periranno.

Sono stato persino accusato di voler fondare una nuova religione, quella dell’essere supremo ed alcuni stolti hanno pensato che mi identificassi in lui: l’incorruttibile. Invero, senza un credo e senza ideali, l’uomo si perde e certo non potevo accettare che questi fossero incarnati da quel clero, che aveva tramato sempre con la corona e con la nobiltà.

Un’altra accusa è di non aver voluto proseguire la guerra contro le altre corone, in ispecie gli inglesi, – che io veramente odio – per esportare la rivoluzione e la democrazia: poveri stolti avete mai visto cambiare le società altrui al seguito delle baionette? Dovevo imporre una guerra infinita ad un paese già così provato?

Devo però constatare amaramente che l’uomo incorruttibile non può ambire ad una lunga fortuna, neppure se compie gesta eroiche: è stata una pia illusione quella di costruire leggi egalitarie; temo che al mio nome si assocerà solo il Terrore, come un periodo oscuro e grondante sangue.

Bene, sappiate posteri che non erano queste le mie intenzioni, ammetto che la giustizia e lo Stato sono costate molte vite, ma queste hanno seguito una sorte peraltro inevitabile.

Lo sarà anche la nostra domani sul patibolo, e stasera in questa buia prigione ho pienamente compreso che la giustizia è una parentesi nei governi dei popoli, ove più spesso trionfano la corruzione e l’avidità.

Di nulla però mi pento.

Viva la Francia, viva la Rivoluzione!

                                                                         Maximilien Robespierre