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La notte di San Bartolomeo
Vi prego, datemi riparo, anche solo per poche ore sino alla fine dell’epidemia! Quale epidemia, chiedete? La pazzia che sconvolge le menti in questa notte! Un matrimonio doveva aver luogo, con teste coronate, banchetti e sfarzo, musica e cibo, vino a volontà: del color cupo del vino scorre solo sangue. Busso a diverse porte dove so che abitano persone amiche, ma nessuno pare più esser vivo in questa grande città, o per contro nessuno mi vuole aiutare.
Sono un provinciale e questo viaggio mi è costato tempo, danaro e fatica: le strade, anche viaggiando in carrozza, sono sconnesse, piene di buche ed insicure. Ho impiegato 5 giorni nella polvere, dolorante, giacendo in letti pieni di pulci in bettole lungo la strada, dove servivano pasti improbabili. Chiederete perché sono venuto: ebbene, il matrimonio doveva sancire la fine degli scontri religiosi in terra di Francia, finalmente pace e rispetto fra le fedi, non più differenze e persecuzioni, non più odio fra fratelli.
La sorte mi ha per contro riservato una caccia all’uomo imbastita dai cattolici, soprattutto i soldati si sono accaniti per ordine della sovrana, la regina nera, Caterina l’italiana.
Ecco, sento i loro passi sul selciato parigino, le voci convulse e rauche, hanno le mani sull’elsa delle spade, alcuni le hanno sguainate; mi rifugio in un angolo buio e vedo una donna con un bambino di pochi anni che attraversano la via, alla luce delle fiaccole appese. Faccio un cenno, mettetevi al riparo, poi un timore mi attraversa la mente e mi raggela: e se fossero cattolici, miei nemici? Se mi tradissero? Questione di un secondo, incrocio lo sguardo della donna e capisco tutto, ma ormai è tardi.
I soldati le sono addosso, ghermiscono il bimbo e lo decapitano, poi rinuncio a guardare, sento soltanto le urla atroci che pian piano si soffocano. “Era questo che volevi, regina? Questa mattanza di uomini, donne e persino inermi bambini? Temevi così tanto gli ugonotti? Ci odiavi veramente così tanto?”
Caterina, nel palazzo reale del Louvre, è affacciata alla finestra e guarda fuori senza vedere nulla; i suoi pensieri corrono a quell’ordine dato giorni prima nella notte di San Bartolomeo ai suoi soldati: uccidete tutti gli ugonotti al seguito del Delfino, ormai è necessario. Lì ha visto il palazzo reale trasformarsi in una prigione: gli alabardieri svizzeri hanno cercato stanza per stanza, catturato i notabili protestanti, li hanno radunati nel cortile, quindi barbaramente trucidati. Ci riflette: poteva decidere diversamente? Lo ha fatto incredibilmente per evitare l’ennesima guerra di religione, sono state troppe sinora ed hanno destabilizzato ed ammorbato il regno; niente però faceva presagire la piega che avrebbero preso gli eventi: una carneficina per le vie di Parigi e di altre città.
Avrebbe dovuto valutare quanto accaduto proprio sotto i suoi occhi! A casa sua! E’ evidente che l’odio covava sotto la cenere, è bastato un nulla e non ci sono stati più freni. Confidava in una operazione rapida e risolutiva, ha invece liberato un mostro inarrestabile.
Nei giorni precedenti, un notabile protestante al seguito del re di Navarra, convenuto a Parigi per le nozze, era stato ferito e Caterina aveva temuto che il fattaccio riaprisse le ferite e gli scontri ancora vivi negli occhi di tutti. Aveva fatto sì che suo figlio, il re, desse ordine di uccidere il malcapitato in modo che tutto finisse il più in fretta possibile, senza aver ben compreso quanto odio scorresse nel suo paese.
La ragion di Stato l’ha mossa ad un passo molto azzardato, ma il regno non poteva sopportare ulteriori tensioni e lei sperava di averle risolte. Lo sa che, in segreto nelle stanze, la nobiltà la addita come “l’italiana” machiavellica ed avvelenatrice, la sua persona non piace, la temono e le tramano contro. Peraltro, sa anche di dover difendere la sua dinastia, in special modo i suoi figli amatissimi, il re e gli eredi al trono. Quanto è difficile vivere e governare in terra straniera! E voler il bene della famiglia che è il bene della nazione!
Un servo bussa alla porta della sovrana, annuncia che finalmente Parigi pare aver ritrovato la pace, ma con migliaia di cadaveri nelle strade. Caterina è sconvolta: il costo del suo gesto è stato altissimo, nessuno lo crederebbe, ma il suo cuore piange, sente e teme di essere dannata.
Mentre si ritira verso la cappella di famiglia, passa innanzi ad uno dei tanti specchi e rivede una donna sola, spaurita, appesantita nell’aspetto e non si riconosce. “Quanto sono cambiata dalla mia Fiorenza! Giunsi giovane e bella, invidiata per la posizione, salda per la potenza di una famiglia fiorentina capace di decidere la regina di Francia. Eccomi oggi, stanca di tutto questo sangue che non volevo fosse sparso, francesi che hanno ucciso altri francesi; Dio mi è testimone! Non volevo!”
Apre la porta della piccola chiesa nella dimora reale, si genuflette innanzi al Cristo, che alla luce delle fiaccole le appare ancor più sofferente, la suggestione la sconvolge e le pare che grondino lacrime di sangue dalla Croce. E’ allora che, battendosi il petto, giura a Dio ed a se stessa che d’ora innanzi attraverserà il regno in ogni dove, raggiungendo i luoghi più sperduti per poter espiare e portare, per quanto sia nelle sue forze, nuovamente la pace fra gli uomini.